All’ingresso del paese, sulla strada che sale dalla statale 38, troviamo il complesso di Madonna di Campagna: la vasta piazza, luogo di frequentate fiere nel corso dei secoli, che conserva in parte il caratteristico porticato; il settecentesco arco di accesso e il palazzo cinquecentesco appartenuto alla Scuola della Beata Vergine Maria, con un bel portale in marmo bianco sormontato da bifora in pietra verde (1568), tracce di pregevoli fregi e ciclo decorativo sulla facciata. La Chiesa della Madonna di Campagna fu costruita in forme sobrie ed eleganti sopra una quattrocentesca edicola dedicata al culto mariano. L’artistico portale in marmo è inquadrato da un elegante pronao, opera di artisti lombardi di scuola rodariana. All’interno si possono ammirare le linee classiche dell’architettura cinquecentesca, arricchite da una decorazione pittorica realizzata tra il Sei e il Settecento: gli affreschi della cupola, opera di G.Battista Muttoni (1694 c.), le pareti e le volte dipinte nel 1718 da Giuseppe Prina.

L’affresco quattrocentesco sull’altare maggiore, che apparteneva alla primitiva cappella, raffigura la Madonna in trono con il Bambino in braccio, sant’Antonio abate e san Maurizio, patrono di Ponte in Valtellina.
Gli itinerari verso il centro del paese si diramano dalla Piazza della Vittoria, detta comunemente “Piazzetta”, dove una piatta fontana rotonda è sovrastata da una moderna scultura bronzea alla quale ben si addicono i versi del poeta Giuseppe Giusti:

Viva la chiocciola,
viva una bestia
che unisce il merito
alla modestia.
Essa all’astronomo
E all’architetto
Forse nell’animo
Dettò il concetto
Del cannocchiale
E delle scale.

Partendo dalla via Francesco Saverio Quadrio, all’incrocio con la via Borgo Francone ammiriamo un affresco votivo di buona mano raffigurante la Pietà; percorso il breve tratto sotto l’arco cavalcante siamo alla cappella dell’Immacolata. A sinistra la via che conduce alla settecentesca chiesetta, dedicata a san Francesco d’Assisi e san Felice da Cantalice, è fiancheggiata da due dimore signorili: una con fascia decorativa cinquecentesca nel portico interno a colonne, l’altra con una fastosa arma del casato sopra il portone d’entrata.
Sempre dalla Piazzetta inizia la via dedicata all’uomo politico e patriota Enrico Guicciardi su cui si affacciano palazzi nobiliari di sapore rinascimentale, con portali litici che si aprono su cortili a loggia.

Quasi confusa tra le adiacenti case scorgiamo la chiesetta della Madonna del Buon Consiglio, già dell’Angelo Custode e ancor prima dei santi Cornelio e Cipriano, vescovo e papa raffigurati nella seicentesca tela dell’altare. L’oratorio è uno dei più interessanti del ‘700 in Valtellina. La decorazione pittorica ricopre tutte le pareti: nella volta con sfondati al centro e finte finestre a vetri ai lati; nel presbiterio con figure allegoriche entro nicchie.

Proseguendo lungo la via, un tempo via Maggiore, troviamo al numero 7 il portalino d’ingresso al palazzo ora sede di un ristorante. L’insegna si fregia dello stemma del paese nella sua ultima modificazione: nella parte superiore in verde e in rosso, in quella inferiore in rosso; su tutto la croce greca accorciata. Lo stemma si accosta a quello scolpito sulla fontana di Piazza Luini datato 1822, dove lo scudo è ovale con ornato barocco.

Seguiamo l’edificio fino all’angolo, alzando lo sguardo alla fascia decorativa del sottotetto che alterna oculi e lunette con figure mitologiche. Scendiamo al numero 2 di via Chiuro, dove la dimora patrizia della famiglia Guicciardi presenta una facciata con un portale in pietra e finestre architravate munite di artistiche inferriate; al di sotto della gronda è un bel fregio a monocromo con sirene, volute e stemmi. Il prospetto sud-est, verso valle, presenta una decorazione a fresco, connessa alla presenza della colombaia. All’interno del palazzo una pregevole “stua” cinquecentesca. Nel Settecento l’esigenza di nuovi spazi porta ad un ampliamento del palazzo che si limita ad un nuovo semplice edificio sul lato opposto della strada, collegato al nucleo più antico da due cavalcavia.

La Piazza Bernardino Luini potrebbe essere luogo di incontro e di ritrovo; al lavatoio coperto gorgoglia l’acqua dalle fauci del leone scuro; fa gli onori di casa dal 1871 l’astronomo Giuseppe Piazzi, imperturbabile nel suo monumento di marmo bianco, opera dello scultore Costantino Corti.
Splendida la facciata della Chiesa Parrocchiale: il portale marmoreo sormontato dal rosone, il pregevole affresco di Bernardino Luini nella lunetta, le iscrizioni gotiche sulle lesene laterali che riportano le date 1347 e 1460. Sul lato meridionale una meridiana e la figura del gigante san Cristoforo; il campanile si innalza con elementi architettonici del romanico lombardo. Se sfiorato dal sole radente ci mostra alcune pietre d’angolo con i disegni incisi del fiore e della ruota. L’interno a pianta basilicale a tre navate racchiude tesori d’arte e di storia.

Sul lato nord della piazza una bella cancellata è l’ingresso del museo parrocchiale che custodisce suppellettili, paramenti sacri e pregevoli tele. Nella Sala delle Sibille, antico oratorio dei Disciplini e di Santa Marta, gli enigmatici volti delle Sibille ci guardano dai medaglioni della volta. Più avanti l’ingresso al Teatro Comunale e, adiacente, il seicentesco oratorio di san Filippo Neri. Dalla piazza, l’itinerario che percorre la via dedicata all’astronomo vede, al n. 7, un bel portale e finestre bugnati, al n. 12, la facciata di una caratteristica casa fortificata: le finestrelle litiche, le pietre d’angolo lavorate, le massicce mensole in pietra, il portalino settecentesco, che porta lo stemma dei Quadrio. All’interno si conservano pregevoli affreschi del tardo Quattrocento. Al n. 14, sotto una balconata colorata, un affresco devozionale raffigura la Crocifissione.

Inizia verso destra via Moltoni, l’antica contrada di san Gerolamo oggi scomparsa con la sua chiesetta, che propone un bel portale con stemma di leone rampante nella chiave di volta. Dopo la casa già Quadrio Brandani, via Pozzaglio porta ad un interessante nucleo di abitazioni strette le une alle altre nell’andito scuro, che un tempo proteggeva dalle intemperie, dalle fiere e anche dai nemici. Poco oltre, nel sottotetto di una grigia casa arrotondata, un piccolo frammento di una Madonna con il Bambino e la sola spalla sinistra di un pellegrino romeo. L’affresco è attribuito a Luigi Valloni, pittore nativo di Albosaggia e vissuto a Ponte in Valtellina alla fine del Cinquecento. Sopra il paese la vecchia contrada di Berola, l’antica Bellora, un tempo nucleo fortificato e chiuso da portoni.
Ritornando sulla via Giuseppe Piazzi, al n. 27 si apre il portone di casa Quadrio Matteani: nel cortile la colonna a sostegno del portico data 1595 e una snella colonnina è rimasta tra le arcate chiuse dell’antica loggia. Il complesso si apre con un secondo cortile a sud, che offre un sorprendente dipinto a colombaia, un terzo a nord con la zona torchio, l’orto e il brolo. Addossato alle sue spalle il vicolo Canaletta: le case di sassi grigi, le minuscole porte di legno, gli scalini di pietra consunti sono un’icona silenziosa di lavori accantonati. Al n. 30 incontriamo la dimora già Quadrio Brunasi con un bel portale barocco sovrastato da balcone in ferro battuto. Proseguendo sull’acciottolato, tra alti muri di sassi che nascondono silenziosi giardini, si respira l’atmosfera tranquilla delle case Piazzi, strette intorno all’oratorio seicentesco dedicato a san Francesco Saverio. Al n. 30 arco a tutto sesto in conci di pietra, chiuso da portone ligneo borchiato di ferro con picchiotto. Un gelso centenario dal tronco cavo ombreggia il cortile diviso; dall’altra parte il corpo dell’edificio con la quadrata torre medievale che porta segni sbiaditi del sole e della ruota, tipici delle colombaie.

Si arriva di fronte all’ampia facciata del palazzo natale dell’astronomo Piazzi. La località è familiarmente chiamata “Tre porte” perché le entrate dei palazzi delimitano il piccolo slargo. Sul quarto angolo vi è la piccola fontana rotonda costruita appositamente con i traversi in ferro per consentire l’appoggio dei secchi per l’acqua ed impedire l’abbeverarsi delle mucche.

Casa Folini, al centro, che conserva tracce interessanti della sua lunga storia, fu rinnovata con lo stile ed il gusto decorativo dei primi anni del Ventesimo secolo. Sopra l’arco d’ingresso, la facciata si arricchisce di un aggraziato balcone a colonnine, nel sottotetto lo stemma con l’aquila e l’albero di palma ricorda il casato della famiglia d’origine. Affacciata su un giardino rialzato, con antichi cespugli e un melograno dai sassi mammellari all’angolatura rossi fiori, la casa Piazzi è colorata di giallo; quasi a dar corpo a una torre si alzano le pietre angolari bugnate sopra il portico d’accesso. Oltre la chiesetta i cancelli dei broli gemelli.

All’inizio di via Rhon troviamo un’edicola devozionale che per composizione e tecniche pittoriche rimanda alla seconda metà del Diciassettesimo secolo. Ha, infatti, un impianto architettonico a doppie lesene laterali a formelle decorative di finto marmo che sostengono capitelli corinzi. Al centro della nicchia la Vergine tiene con la mano destra uno scettro e sostiene sul braccio sinistro il Bambino seduto sul globo.
Altre piccole scene denotano il gusto narrativo dell’artista che dimostra una padronanza della tecnica pittorica e una buona resa dei volti e dei dettagli.
Il restauro, inoltre, ha consentito di restituire una chiara lettura della qualità del dipinto. Nel cortile accanto, una dimora annerita con porticato voltato, loggia al piano superiore scandita da eleganti colonnine, segni di tondi decorativi e balconata in legno che spazia sul fondovalle.

In direzione Tresivio, extra muros, cioè al di fuori della possente cinta muraria che proteggeva il paese, la chiesa dedicata a san Gregorio papa: struttura armoniosa, tetto a capanna, robusto campanile a cipolla, pronao arioso con arco a sesto acuto e portalino lavorato. All’interno frammenti di affreschi della prima metà del Cinquecento. Le scritte scomparse sui medaglioni nel portico invitavano i passanti a sostare e a rivolgere una preghiera ai morti di peste sepolti attorno.
Ritornati in Piazza Luini si inizia l’itinerario verso la parte est del borgo. La via Ginnasio fiancheggia interessanti edifici. Al di là di un largo cancello la casa Negri-Guicciardi già, Quadrio Camilli, è solenne e silenziosa; dalla sua invidiabile posizione spazia sul fondovalle e fronteggia il mirabile scenario delle cime orobiche. Casa Guicciardi, dalla facciata barocca e finestre decorate, con un possente portale litico e un affresco devozionale che raffigura la Vergine con il Bambino e sant’Antonio da Padova.

Apparteneva un tempo alla famiglia il complesso seicentesco, in degrado, La Guicciarda in località Casacce. Si articola in un vasto cortile rettangolare chiuso dagli spazi abitativi, possenti cantine sotterranee, portico voltato con stemma, la chiesetta dedicata a santa Maria Maddalena, ora polveroso ripostiglio.
Sulla controfacciata restano stinte tracce di una mappa geografica, due importanti stemmi nobiliari e un affresco raffigurante la Sacra Famiglia con i santi Rocco e Sebastiano, voto di ringraziamento per lo scampato pericolo dal contagio del 1630.

Casa Cassan, già Quadrio Peranda e Foppoli, si presenta compatta con il suo originale colore chiaro; elementi decorativi il bugnato angolare e il marcapiano di colore verde, dipinti ad imitazione della pietra verde di Tresivio ampiamente utilizzata negli elementi architettonici: finestre, colonne, pavimenti, pregevoli i portali con rose nei piedritti e nell’architrave. La parte dell’edificio che si affaccia sul cortile si presenta come una quinta di forte impatto scenico: l’intonaco, rivestito da una decorazione di fine ottocento, ricorda le facciate in legno dell’architettura d’oltralpe. La parte rustica della casa dà sul giardino, un tempo ricco di siepi di bosso e antichi rosai, completato superiormente dalla zona a orto e brolo. Si accede allo stabile da un portalino con gradini in pietra, che portano ad una piccola loggia arcata.

All’angolo di via Fontanelle, la vecchia bottega di un calzolaio ospita ora gli attrezzi da lavoro di un artigiano liutaio. La millenaria faccina di pietra rimane fedele protettrice della casa. Al n. 29 l’arco coperto introduce in un chiuso cortile con dimora austera alleggerita da archi a sesto acuto e ampie arcate nella loggia. Sulla destra l’edificio della Scuola Elementare costruito nel 1977-1979 al posto dell’elegante palazzo scolastico ottocentesco. Di fronte casa Pasini Rusconi con davanzali e cornici in pietra verde nella parte superiore della lineare facciata, come il portalino d’ingresso e il piccolo atrio nel cortile. Conserva all’interno un pregevole affresco votivo.

Sul largo piazzale ombreggiato da frondosi platani secolari, già Piazza degli Uffici e tradizionalmente dei Frati, la chiesa dedicata a sant’Ignazio di Loyola. Unita all’edificio che un tempo fu collegio dei Gesuiti, ora sede della Scuola Media, della Biblioteca Comunale e del Museo Etnografico, è tra i più interessanti esempi di architettura seicentesca valtellinese. Voluta dalla Comunità come voto contro la peste fu iniziata nel 1639 e, nell’estate del 1642, realizzata la copertura del presbiterio, fu celebrata la prima messa in onore del santo. La facciata a capanna presenta un portale in pietra verde con timpano spezzato sovrastato da una nicchia e da una finestra serliana. Il campanile a pianta quadrata termina con una lanterna a pianta ottagonale. L’interno presenta navata unica, tribune, cantoria sulla controfacciata dipinta con vivace motivo a cartoccio rococò, confessionali lignei incastrati nelle pareti laterali, passaggi attraverso corridoi ricavati tra le mura. Ornano il presbiterio due grandi tele di Giacomo Parravicino raffiguranti episodi della vita di Sant’Ignazio; le quadrature creano l’opportuna prospettiva per uno sfondato rotondo, entro il quale si assiste alla Gloria di Sant’ignazio. Pregevoli i marmi policromi dell’altare e della balaustra. Al posto della pala, dietro l’altare un ritratto del Santo con il motto Ad Maiorem Dei Gloriam. La volta al centro della navata fu dipinta da Cesare Ligari nel 1749. Rappresenta sant’Ignazio che irradia la fede sul mondo: il Santo appare in uno sfondo luminoso tra angeli festanti; sul petto il monogramma IHS come sole raggiante invia fasci di luce sul globo su cui sono visibili le parti del mondo allora conosciute. I continenti sono allegoricamente rappresentati da quattro figure in sembianze femminili: Europa e Africa a sinistra, Asia e America a destra.

Il vicino Vicolo Curzio ci conduce alla quattrocentesca casa Quadrio Curzio, ora Silvestri; ha uno schema ad U, in cui il fronte dell’ala sinistra presenta un’estesa decorazione pittorica. Sopra le finestre corre un raffinato fregio a monocromo su fondo azzurro, popolato da putti, animali fantastici e figure antropomorfe.

In alto, ai lati della colombaia, è dipinto un tenue cielo solcato da nubi e colombi. Arricchiscono la facciata iscrizioni in latino; al centro campeggiano gli stemmi delle Tre Leghe oltre allo stemma dei Quadrio. Rispecchia il gusto dell’epoca il comignolo a forma di torretta.

Dal cortile a est della chiesa di sant’Ignazio, detto “Delle Prigioni”, si accede al museo etnografico, allestito nelle sale dell’edificio che fu del collegio dei Gesuiti. Negli spazi espositivi voltati, sono presentati inusitati attrezzi del mondo contadino e artigianale, oggetti oggi scomparsi che vivono solo nei ricordi.
All’inizio di via sant’Ignazio si trova un antichissimo e singolare gelso a custodia dei rustici e del bel palazzo Foppoli già Quadrio, con il portale stemmato. All’imbocco della via che porta alla chiesetta di san Giuseppe, addossate ai muri delle abitazioni stanno le paratoie mobili, porte in legno a difesa delle rovinose piene alluvionali. Dove le acque scendevano più impetuose si rinforzavano anche le case con pietroni e, ai lati dei portoni, si ponevano paracarri di sasso con scanalature per l’inserimento dei legni di protezione.

Casa Moltoni Pinela: alto, sulla facciata di questa dimora di antica origine, un pregevole affresco del primo Cinquecento; è di mano sicura e fine pennello, conoscitore di tecniche artistiche aggiornate (lo sfondato prospettico di cielo azzurro attraverso l’apertura della capanna e l’effetto chiaro dell’incarnato sul volto dei santi).

L’ignoto pittore racconta con accurata maestria e cura dei particolari l’episodio della notte santa: il Bambino adagiato in un cesto di vimini, la Vergine inginocchiata in preghiera, il candido stupore di san Giuseppe, la compunta devozione dei tre angioletti, il bue e l’asino spettatori consapevoli di questo mistero, mentre sulla collina l’angelo vestito di bianco sfiora la fronte del pastore che stringe nel sonno la sua cornamusa e il cane già scodinzola per radunare le pecore. Una figura importante e solenne quella di sant’Antonio Abate, vescovo, con la mitra in capo e il pastorale.

Passato l’abbeveratoio e il lavatoio coperto, si percorre vicolo de Maria fino alla solatia dimora ottocentesca con panorama sulla valle. Conserva nel portico un torchio possente e nasconde un frammento di affresco quattrocentesco: il volto di san Nicolò protettore della contrada. Adiacente l’interessante complesso delle case Patrizi.

In località Rombello, una strada acciottolata sale verso la chiesetta della Santissima Trinità, ampliata nei primi del Seicento. Sopra il portalino d’entrata è presente una lunetta dipinta e, all’interno del vano absidale, troviamo un pregevole ciclo di affreschi cinquecenteschi. Si arriva, poco sopra, al largo cortile di casa Patrizi, già Quadrio de domina Costanza, con portico voltato su cui si aprono portoncini litici; sale a destra una bella scala rotonda con i gradini in pietra.

L’estremità della contrada conserva scorci di antiche abitazioni rurali. L’affresco di casa Mascarini, datato 1730, raffigura la Vergine con il Bambino in braccio, san Giuseppe rugoso e canuto, san Pietro, sant’Antonio da Padova, san Francesco Saverio. Proseguendo per via Banderala si raggiunge la località Concile. Su casa Paruscio, un pittore itinerante ha dipinto nel 1785 la Vergine con il Bambino e i santi Pietro e Antonio da Padova. Anche sul muro della casa accanto si intravedono i colori tenui di un più antico affresco devozionale.